LACTO-OVO VEGETARIAN

La vera dieta vegetariana
normale, completa,
sana, naturale,
preventiva,
senza carenze,
senza ipocrisie,
senza fanatismo,
secondo la Tradizione
e la Scienza più moderna

24 aprile 2011

Latte, yogurt e latticini: protettivi anti-diabete e anti-colesterolo.

yogurt e frutta di bosco Un supplemento alla normale dieta quotidiana di 3 tazze da 240 ml di latte o yogurt, dopo appena una settimana riduceva la colesterolemia del 5-10%. Si era nel lontano (scientificamente parlando) 1979. Siete stupiti, increduli? Vuol dire che siete disinformati, perché queste sono quisquilie rispetto alle molte scoperte di oggi sui tanto bistrattati latticini, accusati di essere molto ricchi di grassi. I nuovi studi ne fanno una categoria di alimenti non solo di altissimo livello biologico-nutrizionale, ma anche sana e perfino preventiva. 

Per dirne una, studi epidemiologici su molte migliaia di persone hanno provato che più alto è il consumo di panna e latticini grassi, più si riduce il rischio di diabete del tipo 2, quello alimentare, e grazie proprio agli acidi grassi saturi a catena corta e media di cui i latticini sono ricchi (v. di seguito). Ma erano ancora più meravigliati i lettori nel lontano 1979, quando fu reso noto l’esperimento delle 3 tazze di yogurt in più – e allora non esisteva quello con lo 0% di lipidi! – sui 54 volontari, condotto da G. Hepner. L’effetto infatti era maggiore se al latte si sostituiva lo yogurt, quello intero, al 3,5% di lipidi, con fermenti di L. bulgaricus e S. termophilus (Am J Clin Nutr 32,19-24,1979). 
Vecchi tempi. Ma quella tendenza negli studi è stata confermata ed è sempre attuale. I grassi possono incidere (favorevolmente) sul metabolismo del glucosio e sull’origine del diabete di tipo 2; oltre che (sfavorevolmente) sullo sviluppo e sulla diffusione del sovrappeso, se assunti in eccesso. 

Anche se, su quest'ultimo punto, i consumatori dovrebbero ricordare (be’, veramente questo lo sanno in pochi…) che due categorie dei latticini sono povere di grassi. Latte e yogurt sono di per sé alimenti "magri", anche quando sono “interi”, col loro 3,5% circa di lipidi. Senza contare che oggi la tecnologia, come accennato, permette di eliminare tutto il grasso (yogurt a “zero grassi”) pur conservando proteine, sali minerali e il sapore pannoso. Indiscutibile, però, che molti tipi di formaggi, per non parlare di panna, mascarpone e burro, sono molto ricchi di grassi, e per di più saturi, cosicché possono diventare, se consumati in aggiunta ai pasti o in eccesso, una aggravio nutrizionale e calorico.

Oggi, invece, si tende a "riabilitarli", non solo da parte dei nutrizionisti (che, a dire il vero, per i latticini hanno sempre avuto la giusta considerazione, purché assunti in consumi normali, cioè moderati, secondo le porzioni prevista), ma anche dai clinici patologi. Anzi, come si è constatao perfino nelle diete con restrizioni caloriche per soggetti in sovrappeso o per ridurre la fame interprandiale nella giornata (molto indicata pare la ricotta e il latte a colazione, si vedano due nostri articoli), è sbagliato e pure dannoso in certi casi privarsi dei latticini. Eppure, tutti sanno, ed è dimostrato da molti studi, che la sostituzione di grassi saturi con gli insaturi può essere favorevole alla salute e alla prevenzione dei rischi cardio-vascolari e metabolici, e che i cibi vegetali sono spesso una scelta migliore degli alimenti di origine animale. Tuttavia, tenetevi fermi e prendete un calmante: vari studi epidemiologici hanno suggerito il ruolo protettivo dei latticini, almeno rispetto al diabete alimentare.


Uno studio follow-up svedese su 26.930 persone (61% donne) di 45-74 anni seguite per 14 anni, ha appurato che i consumi di prodotti lattiero-caseari ad alto contenuto di grassi risultavano inversamente associati al diabete di tipo 2. Una correlazione inversa ancora più stretta è stata notata per i consumi di panna e yogurt grassi, e per il formaggio nelle donne. Invece, curiosamente, un alto consumo di prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi (i famigerati latticini “light”) è stato associato ad un aumento del rischio, ma questa associazione scompariva dopo gli aggiustamenti statistici.


E fa pensare che l’associazione significativa inversa riscontrata, cioè la diminuzione del rischio, non è tra diabete e grassi totali in genere, ma tra diabete e alcuni particolari grassi saturi, tipici di latte, panna e latticini, i benèfici acidi grassi saturi a catena corta, ritenuti protettivi anche da colesterolemia e malattie cardio-vascolari. Si tratta dei noti SCFA o short-chain fatty acids, con 4-10 atomi di carbonio nella molecola, cioè l’acido butirrico (il miglior nutrimento-medicina del colon: oltre che dai latticini si ottiene per sintesi dalla fermentazione batterica nel colon delle fibre, per lo più solubili, di cereali integrali e legumi ), caproico, caprilico e caprinico; e anche gli acidi laurico (12:0) e miristico (14:0), grassi saturi a catena media. [Ma il miristico era stato da altri ritenuto a catena lunga, e collegato in vecchi studi - su pochi soggetti - a più alto rischio (Zock et al., 
Arter Thromb & Vasc Biol 1994,14: 567)]. Insomma, il suggerimento dello studio svedese è che l’associazione protettiva (rischio minore) tra latticini e diabete 2, già osservata in precedenza, sia dovuta proprio ai grassi, e a quei grassi particolari, dei latticini stessi, dal latte allo yogurt, dalla ricotta alla panna e ai formaggi. Invece, il consumo di carne, oggi considerato ormai un cibo magro, era collegato a un più alto rischio diabetico, qualunque fosse il contenuto di grassi (Ericson et al. 2015).
ERICSON U. et al. Food sources of fat may clarify the inconsistent role of dietary fat intake for incidence of type 2 diabetes. Am J Clin Nutr doi: 10.3945/ajcn.114.103010 (april 2015).
Eppure, studi scientifici come questi sembrano ancor oggi incredibili, con tutte le falsità che propagandano i fanatici della “campagna anti-latte”, per i quali “screditare” i latticini è diventata una missione religiosa, una ossessione psicotica. E perfino certi divulgatori o nutrizionisti, solo perché alcuni non digeriscono bene il latte (ma il lattosio in molti latticini è minimo) lo riducono o vietano a tutti; mentre i macrobiotici e i fanatici fondamentalisti lo avversano per motivi filosofici non accettando la Storia (*) né l’origine antropologica del cibo, vera e propria invenzione dell’Uomo [v. articolo sulla trasmissione genetica dell’enzima lattasi, che è una conferma dell’uso del latte da parte della Natura], o con la scusa etica degli allevamenti intensivi. Ma non lo berrebbero neanche se provenisse da una capretta libera di vagare per prati in un allevamento naturale. E d’altra parte non si curano di altre, molto più gravi aggressività e violenze quotidiane. Ecco perché la “campagna” di disinformazione sul latte diffonde su opuscoli alternativi e articoli di internet i casi di intolleranze e i pochi studi negativi. E ancor più grave è la scorrettezza di quei ricercatori epidemiologi che per inesperienza nutrizionistica mettono nel medesimo calderone statistico tutti i consumi di “grassi animali”, insomma il latte insieme col lardo, condannando anche l’incolpevole latte che oltretutto, anche quando intero, è dotato di pochissimi grassi (solo il 3,5%), allo stesso destino di salumi, carni grasse, bacon fritto e burro cotto. Il che non è scientifico. Senza contare, infine, che il latte a differenza di questi altri alimenti animali, contiene parecchi principi protettivi.

E, tornando appunto ai fattori protettivi del latte, quei vecchi studi che dicevamo sopra erano fondati, e sono stati poi confermati. Avevano visto giusto i ricercatori G.V. Mann e e A. Spoerri nel 1974 in un famoso studio sul popolo Masai, in Africa, a ipotizzare che un qualche “milk factor”, un imprecisato “fattore del latte”, potesse proteggerli dall’ipercolesterolemia, nonostante che la loro dieta fosse ricca di grassi saturi, probabilmente agendo sul metabolismo lipidico. Come è riportato nel mio Manuale di Terapie con gli Alimenti (p.171), i Masai consumavano allora, tra yogurt e latte fresco, circa 5 litri al giorno, eppure avevano meno colesterolo nel sangue degli Occidentali (Am J Clin Nutr 27,464-469,1974; Atherosclerosis 26,335,1977).


Ma perché il latte protegge? Per A. Endo, sarebbe non un grasso, ma lo zucchero del latte, il lattosio, ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue. Una review di T. Richardson confermò che l’effetto anti-colesterolo su volontari americani e inglesi si aveva sia col latte intero, sia con quello scremato. E presero corpo anche altre ipotesi, da quella di una sostanza non proteica capace di inibire il coenzima CoA-reduttasi-HMG (idrossimetil-glutarato) che sintetizza il colesterolo endogeno, fino all’acido orotico contenuto nel latte dei ruminanti (73-122 mg/L nel latte vaccino, 34-46 mg/L nel suo yogurt, ma ce n’è di più nei latti di capra e di pecora), che aveva mostrato in vari studi di laboratorio un marcato effetto anti-colesterolo modificando il metabolismo dei grassi grazie all’inibizione nel fegato della sintesi delle b-lipoproteine. Gli italiani G. Biscarro e E. Bellone furono tra i primi a studiare questa sostanza. Oggi, però, di acido orotico tra i ricercatori non si parla più, forse perché l’industria farmaceutica lo ha isolato come integratore commercializzandolo abusivamente come “vitamina” B13, e in questa forma si è rivelato in laboratorio addirittura un promotore tumorale.


Eppure, alcuni dietologi e clinici specialistici ancora si ostinano a guardare al latte e ai suoi derivati con sospetto o addirittura con ostilità, per il rischio, ancora tutto da dimostrare, di un loro collegamento con malattie cardiovascolari e colesterolo alto dovuto ai suoi acidi grassi in parte saturi. Una contraddizione stridente con i tanti studi che provano le caratteristiche preventive del latte e dei latticini. Ed è bene che medici di base e cardiologi si aggiornino, tenendo conto delle scoperte scientifiche epidemiologiche o osservazionali, piuttosto numerose e quindi ormai inoppugnabili, che provano le proprietà protettive del latte.


Vista l’azione positiva sul metabolismo dei grassi, non meravigliamoci, perciò, se latte, yogurt e latticini mostrano in studi recenti anche una marcata attività anti-diabete. L’ennesima ricerca sul tema è stata pubblicata su Annals of internal medicine e sostiene che chi consuma prodotti lattiero-caseari ha molto meno probabilità di andare incontro al tipo 2 di diabete, quello più legato alle abitudini alimentari e all’età.


Secondo lo studio, eseguito su 3736 pazienti, chi segue una dieta con latte e latticini non solo ha livelli più bassi di colesterolo LDL, quello che provoca infiammazioni e ateromi, ma ha il 60% delle probabilità in meno di ammalarsi di diabete di tipo 2. Una percentuale altissima, eccezionale negli studi. Per realizzare questa ricerca, i ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston (Usa) hanno preso in considerazione più di 3mila soggetti seguendoli per un periodo di 20 anni.


Quale sarebbe il principio attivo? Secondo il capo-ricerca G.S. Hotamisligil, le proprietà protettive di latte, yogurt e latticini sono dovute alla presenza nei loro grassi di acido trans-palmitoleico, un acido grasso tipico dei mammiferi ruminanti e perciò non presente nell'organismo umano.


"Anche se è una ricerca osservazionale  -  ha commentato Hotamisligil  -  rivela per la prima volta il collegamento fra l'acido trans-palmitoleico e il rischio di diabete, e dimostra che c'è una differenza quasi tripla di minor rischio di ammalarsi fra gli individui che hanno alti livelli di questo acido grasso nel sangue". 


E dire che i dietologi invitavano tutti a contenere il consumo di latte e derivati perché alcuni studi li avevano collegati all'aumento del rischio di malattie cardiache. "Il problema  -  dice il coordinatore dello studio  -  è che l'acido palmitoleico è presente quasi esclusivamente nei prodotti lattiero-caseari. Questi però spesso sono trattati industrialmente e vi si trovano anche i grassi saturi degli oli vegetali parzialmente idrogenati, che sono stati collegati a un più alto rischio di malattie cardiache".


Ma nelle sovrabbondanti e sbilanciate diete di oggi, “questi acidi cis-palmitoleici sono accompagnati da un'alta presenza di carboidrati e calorie”. E’ normale, infatti, che oggi – a differenza del passato, p.es. nella civiltà contadina – latte e latticini si aggiungono a pasti e a introiti giornalieri troppo ricchi e calorici. “Questo sembra limitare la loro normale funzione protettiva”, ipotizzano i ricercatori.


Però, resta il fatto che quello fornito da latte e latticini è “un effetto protettivo estremamente forte, maggiore di altri fattori conosciuti e utilizzati contro il diabete”. Perciò è lecito dedurne che “il passo successivo – dice Hotamisligil – sarà quello di studiare la possibilità di un suo utilizzo terapeutico nelle persone".

TRANS-PALMITOLEIC ACID, METABOLIC RISK FACTORS, AND NEW-ONSET DIABETES IN U.S. ADULTS. A Cohort Study. Mozaffarian D, Cao H, King IB, Lemaitre RN, Song X, Siscovick DS , Hotamisligil GS. Annals of Internal Medicine 153,12,790-799, 2010 Background: Palmitoleic acid (cis-16:1n-7), which is produced by endogenous fat synthesis, has been linked to both beneficial and deleterious metabolic effects, potentially confounded by diverse determinants and tissue sources of endogenous production. Trans-palmitoleate (trans-16:1n-7) represents a distinctly exogenous source of 16:1n-7, unconfounded by endogenous synthesis or its determinants, that may be uniquely informative. Objective: To investigate whether circulating trans-palmitoleate is independently related to lower metabolic risk and incident type 2 diabetes. Design: Prospective cohort study from 1992 to 2006. Patients: 3736 adults in the Cardiovascular Health Study. Measurements: Anthropometric characteristics and levels of plasma phospholipid fatty acids, blood lipids, inflammatory markers, and glucose–insulin measured at baseline in 1992 and dietary habits measured 3 years earlier. Multivariate-adjusted models were used to investigate how demographic, clinical, and lifestyle factors independently related to plasma phospholipid trans-palmitoleate; how trans-palmitoleate related to major metabolic risk factors; and how trans-palmitoleate related to new-onset diabetes (304 incident cases). Findings were validated for metabolic risk factors in an independent cohort of 327 women. Results: In multivariate analyses, whole-fat dairy consumption was most strongly associated with higher trans-palmitoleate levels. Higher trans-palmitoleate levels were associated with slightly lower adiposity and, independently, with higher high-density lipoprotein cholesterol levels (1.9% across quintiles; P = 0.040), lower triglyceride levels (−19.0%; P < 0.001), a lower total cholesterol–HDL cholesterol ratio (−4.7%; P= 0.001), lower C-reactive protein levels (−13.8%; P = 0.05), and lower insulin resistance (−16.7%, P=0.001). Trans-palmitoleate was also associated with a substantially lower incidence of diabetes, with multivariate hazard ratios of 0.41 (95% CI, 0.27 to 0.64) and 0.38 (CI, 0.24 to 0.62) in quintiles 4 and 5 versus quintile 1 (P for trend < 0.001). Findings were independent of estimated dairy consumption or other fatty acid dairy biomarkers. Protective associations with metabolic risk factors were confirmed in the validation cohort. Conclusion: Circulating trans-palmitoleate is associated with lower insulin resistance, presence of atherogenic dyslipidemia, and incident diabetes. Our findings may explain previously observed metabolic benefits of dairy consumption and support the need for detailed further experimental and clinical investigation
Un altro studio prospettico durato 20 anni valutando malattie e decessi di 2375 soggetti maschili di 45-59 anni di età conferma la “marcata” riduzione dei rischi di diabete e di sindrome metabolica (ipertensione, ipercolesterolemia, sovrappeso ecc.) dovuta al consumo di latte e latticini:
MILK AND DAIRY CONSUMPTION, DIABETES AND THE METABOLIC SYNDROME: THE CAERPHILLY PROSPECTIVE STUDY. Peter C Elwood, Janet E Pickering, Ann M Fehily. Department of Epidemiology Statistics and Public Health, Cardiff University, Cardiff, UK. MRC Epidemiology Unit, Cardiff, UK. J Epidemiol Community Health 2007;61:695-698
Objectives: To report a negative association between milk or dairy consumption and the metabolic syndrome and to examine associations within the Caerphilly cohort.
Setting: A representative sample of men aged 45–59 years in Caerphilly, UK. Participants and data: Data on fasting blood glucose and plasma insulin, fasting plasma triglycerides and high-density lipoprotein cholesterol, body mass index, and blood pressure were used to define the metabolic syndrome in terms of levels of two or more variates within the top 10%. The clinical importance of the syndrome was assessed from 20-year incidence of diabetes, vascular events and deaths. The relationships between the syndrome and the consumption of milk and dairy products was examined using data from both a semiquantitative food frequence questionnaire, and from a 7-day weighed intake record which had been kept by a 1:3 subsample of the men.
Main results: There were 2375 men without diabetes in the cohort. The prevalence of the metabolic syndrome was 15%. Men with the syndrome had significantly increased risks of a subsequent ischaemic heart disease event, death or diabetes. Negative relationships were shown between both the consumption of milk and dairy produce, and the syndrome. Adjusted odds ratio in men who regularly drank a pint [0,5 litri ca] of milk or more daily was 0.38 (0.18 to 0.78) and that for dairy food consumption was 0.44 (0.21 to 0.91). Milk intake showed no significant trend with incident diabetes.
Conclusions: The consumption of milk and dairy products is associated with a markedly reduced prevalence of the metabolic syndrome, and these items therefore fit well into a healthy eating pattern.
(*) NOTA. Tra i nostri progenitori Romani, dediti soprattutto alla pastorizia come in tutte le civiltà antiche, latte e latticini erano alla base dell’alimentazione. Il che probabilmente contribuì a salvare da carenze proteiche il loro tendenziale quasi-vegetarismo. E’ accertato che il piatto nazionale” dei primi secoli era la puls fitilla, crocchette di miglio cotto in abbondante latte. E il rituale pan dolce da offrire agli Dei, o che si scambiavano tra loro gli sposi con la confarreatio, era il libum farreum, fatto di semola di farro, miele e ricotta (da cui le odierne “pizze al formaggio” o panettoni di Terni). Il famoso timballo di lasagne descritto da Catone, la placenta, era composto di strati di lagane di frumento alternate a strati di ricotta. Il piccante e saporitissimo moretum, tipico impasto al mortaio che pastori, contadini, operai e militari spalmavano sul pane per merenda, era a base di formaggio, olio, aglio ed erbe aromatiche. In campagna si era soliti bere latte aromatizzato con lepidium (crescione). Insomma, tutti i piatti tradizionali erano a base di latticini. E, ripetiamo, si trattava di popoli tendenzialmente vegetariani senza saperlo, dunque i latticini erano preziosi per loro. Davvero, solo ignoranti, oppure persone di così debole personalità da diventare ottuse per ideologia, possono negare che il latte e i suoi derivati sono stati uno dei primissimi cibi naturali nella storia dell’Uomo. Tanto più nella nostra cultura (pastorale) greco-etrusco-romana (cfr. Nico Valerio, La Tavola degli Antichi, ed. Mondadori, 1989). Oltretutto è anche ignobile sputare sulla propria culla.

IMMAGINE. Un abbondante yogurt condito con coloratissima frutta di bosco o acidula, dunque ricca di polifenoli e antiossidanti, è il miglior complemento per la zuppa di cereali integrali (p.es, fiocchi di avena o del buon pane integrale) del mattino.

AGGIORNATO IL 7 SETTEMBRE 2015

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13 Commenti:

Anonymous Dr Augin ha detto...

Finalmente una voce libera e razionale che non nasconde gli studi che non fanno comodo a certe tesi. Grazie

24 aprile 2011 alle ore 23:32  
Anonymous Anonimo ha detto...

Buonasera Nico,
grazie per i tuoi articoli che leggo sempre con grande interesse.
Monica

25 aprile 2011 alle ore 21:16  
Anonymous anna ha detto...

comunque, e riporterò i dati (con più tempo)studi scientifici hanno dimostrato che la stessa insorgenza di Diabete etc etc è causata proprio da un'alimentazione che include latte e derivati, credo sia corretto dire anche quello.

29 aprile 2011 alle ore 10:54  
Anonymous rucola selvaggia ha detto...

probabilmente (stando agli studi) il latte ha più proprietà benefiche che dannose, ma vorrei sapere anche quali sono le caratteristiche negative (scientificamente obbiettive) per cui le porzioni di latte non dovrebbero superare una certa quantità giornaliera, grazie

29 aprile 2011 alle ore 14:51  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Anna, in sintesi, e poi ci tornerò con precisione e studi scientifici, il latte come normale alimento su persone sane non dà nessun problema epidemiologico, anzi riduce sia la pressione che il rischio diabete 2. Gli studi che ho citato sono importanti, pubblicati da riviste importanti, hanno oltretutto la controprova suprema, quella della Storia (ti pare che nei secoli l'Uomo non se ne sarebbe accorto?) e infatti sono aiutati da molti altri studi analoghi. Quindi non può bastare uno studio contrario per neutralizzarli.
Diverso il caso di lattanti a cui viene tolto prematuramente il latte della madre e sono allattati col latte per loro artificiale, cioè vaccino. In questi casi molti studi - come si sa da decenni - danno un aumento del rischio di molte malattie, infezioni, problemi autoimmunitari ecc, insieme al diabete giovanile, il tipo 1. Ma questo non c'entra nulla con l'alimentazione normale e naturale. Perché l'alimentazione naturale del lattante è il latte della madre, e solo quello. La circostanza, non può servire a sconsigliare il latte agli adulti sani, che non hanno propblemi di intolleranza.
Del resto, basta andare nei grandi motori di ricerca medici e nutrizionali e digitare milk, diabetes, meglio se con adults...

3 maggio 2011 alle ore 15:57  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Rucola, già detto e ridetto: in questo e nell'altro blog Alimentazione Naturale. Leggi le centinaia di articoli, mese per mese, aiutandoti anche col motore di ricerca in alto a sinistra o con le parole chiave (tag) e la Piramide.

3 maggio 2011 alle ore 16:04  
Blogger Unknown ha detto...

Ciao a tutti, premetto che sono un felice latto-ovo-vegetariano, però una mia amica (vegetariana) e un mio amico (vegano)mi hanno fatto notare due cose:
1 gran parte dei formaggi che consumiamo sono fatti con caglio estratto dallo stomaco di vitelli e capre (e purtroppo wikipedia da loro ragione); può questa essere considerata una "fregatura" per chi come me credeva che per "derivato animale" si intendesse solo l'uso del latte per fare i latticini?
2 ricerche scientifiche dimostrano correlazioni tra l'uso (e io aggiungerei "abbondante") di latticini e il tumore ai testicoli.
Grazie per questo bellissimo blog
Daniele

5 maggio 2011 alle ore 10:40  
Anonymous Anonimo ha detto...

Io non sono stata allattata al seno e ne ho ricevuto latte di alcun altro tipo, perchè ero fortemente intollerante e i medici sono passati subito allo svezzamento ( con tutte le conseguenze di quei bei barattolini pieni di ormoni ).
Sono vegetariana e ora da adulta tollero solo ( senza esagerare nelle dosi ) latticini di capra; invece mucca e pecora mi scatenano feroci attacchi di asma.

4 luglio 2011 alle ore 08:50  
Anonymous Anonimo ha detto...

Salve! Grazie mille per le informazioni di questo blog e di "Alimentazione naturale"!!!
Vorrei chiederti cosa pensi del latte in polvere. Visto che consumo pochissimo latte (preferisco lo yogurt e i formaggi), ho a casa solo quello in polvere che uso ogni tanto per fare la cioccolata calda. Da una parte diffido molto degli alimenti processati industrialmente, dall'altra non so cos'altro usare come "base" per il cacao!

31 luglio 2011 alle ore 20:21  
Blogger Nico Valerio ha detto...

Latte in polvere!? Ma perché questa depravazione tecnologica quando l'Italia trabocca di buon latte fresco, e magari di alta qualità? Meglio il latte che i formaggi (ovvio: minimo tenore di grassi, anche quando il latte è completo!).
Approfitto, anzi, per lanciare strali sulle persone che al supermercato acquistano latte a lunga conservazione (spesso di oscura o obliqua origine...). Per pochi cent in meno... Non solo per le perdite nutrizionali, ma per il gusto. Poco, ma che sia buono!

14 settembre 2011 alle ore 22:41  
Anonymous Michela ha detto...

Bellissimo e interessantissimo blog!!!
Io utilizzo il latte a lunga conservazione solo per fare lo yogurt con la yogurtiera. Sbaglio?

11 agosto 2012 alle ore 18:12  
Blogger Nico Valerio ha detto...

No, Michela, fai bene, perché se dovessi sterilizzare il latte in caso perderesti ancora più proteine e vitamine. D'altra parte col latte non sterilizzato lo yogurt viene male, perché c'è competizione tra microrganismi residenti e quelli dello yogurt. Senza dire che potrebbe anche esserte pericoloso: la temp. alla quale si fa lo y. è l'ideale per la moltiplicazione dei germi. Quindi questi NON ci devono essere (o devono essere pochissimi).

11 agosto 2012 alle ore 21:04  
Anonymous Massimiliano ha detto...

Che articolo stupendo Sig. Nico Valerio, un elogio ai valori nutrizionali e protettivi di yogurt e latticini!
Anche io come Michela mi faccio lo yogurt in casa per la zuppa di cereali del mattino con il mio irrinunciabile latte di capra categoricamente intero; è diventata la mia colazione irrinunciabile!!

12 luglio 2015 alle ore 07:05  

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